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Uno degli eventi scaligeri più importanti della stagione! Riccardo Chailly ha messo insieme una versione integrale de La gazza ladra di Rossini, senza alcun taglio, per un totale di tre ore e quaranta minuti. Bellissima. La prima assoluta dell’opera fu esattamente 200 anni fa, nel 1817; è buffo che durante queste feste di Pasqua ho visto due opere, entrambe con un anniversario molto rotondo (l’altra è L’incoronazione di Dario, di 300 anni fa). Sono andata alla Scala con il mio nipotino di tredici anni; temevo non ce l’avrebbe fatta a resistere con un’opera così lunga, ma invece è rimasto concentrato tutto il tempo, ed è sembrato divertirsi. C’è speranza!

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La produzione era diretta dal regista cinematografico Gabriele Salvatores, e, globalmente, era molto tradizionale. C’erano un paio di idee buone, sebbene non esattamente originali. La gazza era impersonata da un’acrobata che volteggiava appesa a una corda, un’idea già vista in una produzione di Michieletto, a Pesaro, nel 2007. Ciò nonostante, l’idea funziona: l’acrobata (Francesca Alberti) era molto brava, e le sue piroette sono molto gradevoli. Un’altra buona idea era la presenza di marionette, che rappresentavano i personaggi non in scena, di cui quelli in scena parlano. A parte queste due idee, il resto era un po’ noioso: l’opera è molto lunga e non succedeva molto, in scena. Quindi, per me la produzione non era molto ispirata, ma non mi ha disturbato.

La trama è ispirata a un evento di cronaca: durante la restaurazione, in Francia, una giovane venne giustiziata per un piccolo furto. Nell’opera, la giovane serva Ninetta viene accusata di aver rubato un cucchiaio d’argento ai suoi datori di lavoro, ed è condannata a morte; all’ultimo momento, si scopre che la gazza del titolo è la vera responsabile del furto, e Ninetta viene salvata, per il tradizionale lieto fine.
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Nella trama ci sono molti dettagli interessanti. La storia si svolge durante le guerre napoleoniche, e, durante l’opera, ci sono costanti riferimenti alla fine della guerra, al ritorno dei soldati dal campo di battaglia. Come ha detto Chailly stesso, l’overture descrive il passaggio dalla guerra alla pace: dalla prima parte marziale, con il famosissimo rullo di tamburi, alla melodia della gazza, con le roulades lievi e ariose dei violini, a rappresentare la pace. Due soldati tornano a casa: il giovane Giannetto (l’amore di Ninetta, e figlio dei suoi padroni), e il vecchio Fernando Villabella, padre di Ninetta. Giannetto ritorna in gloria, trionfante e accolto con feste e onori, mentre Fernando ritorna da disertore, condannato a morte, reietto e disonorato, costretto a nascondersi.

Digressione sociologica

Il cattivo della storia è Gottardo, il Podestà, una figura di autorità, un giudice, temuto e rispettato. Si tratta di un bullo, un predatore da manuale. Uomo già anziano, sbava dietro alla giovane Ninetta, e la molesta senza darle tregua. Appena entrato in scena, racconta di aver già tentato di sedurla, raccogliendo solo dei due di picche. Come tutti i predatori, pensa che “No vuol dire Sì”, e si convince che il rifiuto di lei sia dovuto solo a pudicizia, piuttosto che a un sincero disgusto. In altre parole, rifiuta di riconoscere la volontà di Ninetta, chiaramente espressa. Questa, come sappiamo, è una tipica tecnica dei violenti prevaricatori.

Gli abusi continuano: lui perseguita la povera ragazza, e, quando lei lo rifiuta con disprezzo, si inferocisce. Ancora una volta, tipica reazione del bullo che pensa gli sia tutto dovuto: un rifiuto scatena la violenza. Quando Lucia (la padrona di Ninetta) si lamenta che manca un cucchiaio, il Podestà si lancia in un’indagine del furto, sperando di incastrare la ragazza. Ci riesce, e gioisce della disperazione di Ninetta condotta in prigione.

Ovviamente procede poi a ricattarla: la va a trovare in prigione, promettendo clemenza se lei sarà “gentile” con lui. Lei rifiuta ancora e lui, furente per il rifiuto, la condanna a morte.

Ecco qui: in una storia scritta 200 anni fa, troviamo tutti i dettagli del comportamento dei molestatori violenti di oggi. Questa è una descrizione perfetta delle molestie sessuali che gli uomini potenti hanno inflitto alle donne fin dall’inizio della società patriarcale.

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Smantellare il patriarcato!

Fine digressione sociologica

La produzione musicale è fantastica! Chailly ha dato un’interpretazione accurata e dettagliata della musica di Rossini, mettendo in evidenza tutti i gioielli della partitura, guidando la fantastica orchestra della Scala in maniera entusiasmante. La famosissima overture è stata splendida, l’orchestra ha veramente superato se’ stessa. Durante la rappresentazione l’orchestra non ha mai coperto i cantanti, piuttosto sostenendoli con leggerezza e bravura incredibili. L’orchestra, alla Scala, è sempre uno degli interpreti più bravi.

Ninetta era il giovane soprano Rosa Feola, veramente brava. Ha tutto: timbro sontuoso, volume consistente, tecnica solida, coloratura, respiro, è anche giovane e bella, ha tutto! Le manca forse un po’ di personalità: la sua Ninetta non era particolarmente “viva”. D’altra parte, il personaggio stesso non è tra i più caratterizzati scritti da Rossini, e, inoltre, la Feola è piuttosto giovane, si farà.

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Fernando Villabella (Alex Esposito, in ginocchio), Ninetta (Rosa Feola) e Giannetto (Edgardo Rocha)

Teresa Iervolino, che cantava la parte di Lucia, datrice di lavoro di Ninetta e madre di Giannetto, mi ha fatto un’impressione simile. Voce molto bella, anche lei mi ha lasciato con il desiderio di sentirla in un ruolo più sostanziale. La sentirò a Salisburgo come Orsini nella Lucrezia Borgia, e non vedo l’ora.

Giannetto era il tenore Edgardo Rocha, che a questo punto ho sentito già diverse volte. La mia impressione è sempre la stessa: ha tecnica e coloratura ottime, ma il colore della sua voce non è particolarmente buono. Ciò nonostante, di solito mi piace abbastanza, ma ho avuto la sensazione che l’altra sera alla Scala la sua voce non fosse al meglio.

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Pippo (Serena Malfi) e Giannetto (Edgardo Rocha)

Serena Malfi era nel ruolo en travesti di Pippo: la sua voce è un po’ debole, ma l’emissione e la coloratura sono buone. Inoltre, mi è piaciuta come attrice, ho gradito la sua interpretazione del giovane ragazzaccio. Il duetto con Feola nel secondo atto è stato molto commovente.

Il Podestà era un veterano: Michele Pertusi, che ho già sentito con soddisfazione molte volte nel repertorio belcantista, ma che ora forse comincia a perdere smalto. La sua voce è ancora bella, e gestisce ancora bene la coloratura (più o meno), ma secondo me spesso perde il legato, e il senso della frase musicale, come se il fiato non fosse più abbastanza. Questo è un tipico problema dei cantanti che avanzano nell’età, purtroppo. Naturalmente ha mestiere e sa come creare un personaggio, quindi alla fine la sua interpretazione è stata godibile, ma ho trovato la sua voce molto diversa da un paio di anni fa.

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Fernando Villabella (Alex Esposito), Ninetta (Rosa Feola) e la Gazza (Francesca Alberti)

Alex Esposito era Fernando Villabella, il padre di Ninetta. Avevo avuto la fortuna di sentirlo come Assur nella Semiramide di Monaco a Febbraio, e qui ha confermato l’ottima impressione che ne avevo avuto. La sua coloratura è spettacolare, e il suo comando dello stile rossiniano è impeccabile. La voce è bella, le frasi musicali sempre formate con intelligenza musicale, mi ha veramente lasciato con la voglia di sentirlo come Podestà, un ruolo musicalmente più interessante. E’ un po’ giovane come Fernando Villabella (e sarebbe troppo giovane anche come Podestà, del resto) ma questo è l’unica critica che ho da fare.

Un terzo basso completava il cast principale: Paolo Bordogna come Fabrizio Vingradito, padre di Giannetto e marito di Lucia. La sua voce è un po’ debole, ma lo stile è quello giusto, e si tratta di un professionista rossiniano. La sua interpretazione del comprensivo gentiluomo di campagna è stata complessivamente buona.

Il resto del cast comprendeva Giovanni Romeo, Claudio Levantino, Matteo Mezzaro e Matteo Macchioni; tutti all’altezza, hanno contribuito a una rappresentazione di successo.

La Gazza Ladra
Isacco, il mercante (Matteo Macchioni) e Ninetta (Rosa Feola)

E ora parliamo dei fischi alla prima. Come molti di voi sapranno, questa Gazza Ladra è stata fortemente contestata alla prima rappresentazione: Riccardo Chailly, in particolare, è stato oggetto di critiche da parte di un piccolo gruppo molto rumoroso di gente che fischiava. Le informazioni che ho sono che questo è stato un attacco coordinato contro Chailly, premeditato dai sostenitori del direttore d’orchestra Daniele Gatti. I fischi hanno poi coinvolto anche quasi tutti i cantanti, molti dei quali certo non li meritavano. C’è stata anche una contro-protesta durante l’opera, con altri “loggionisti” che urlavano contro i fischiatori, invitandoli ad andare al cimitero invece che venire a teatro (probabilmente, per visitare i cantanti morti che venerano così tanto). Soliti drammi scaligeri.

2 pensieri riguardo “La gazza ladra – Teatro alla Scala

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