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Non avevo mai sentito La Favorita dal vivo, né in francese né in italiano, e questa produzione a Monaco, con un cast da sogno, sembrava l’occasione perfetta. La storia è ambientata in Spagna, nel secolo XIV, durante la reconquista, cioè la guerra contro gli Arabi che portò, nel 1492 (quasi due secoli dopo) alla loro cacciata dalla Spagna. La “favorita” del titolo è Leonora, l’amante di re Alfonso XI di Castiglia, che l’ama perdutamente, al punto che sta tramando per ripudiare sua moglie e sposare lei. Questo crea grandi contrasti con l’aristocrazia, ma, ancora più importante, con la Chiesa, rappresentata, nell’opera, da Balthazar, il priore di un monastero.

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Matthew Polenzani (Fernando) ed Elīna Garanča (Leonora)

L’intera trama gira intorno al disonore dello stato di Leonora, che è disprezzata e rifiutata dalla corte del Re, dalla Chiesa, dal mondo intero. Il giovane Fernando si innamora di lei e inizia una relazione amorosa segreta, senza sapere chi lei sia. Balthazar la attacca in pubblico, svergognandola e costringendo il re a lasciarla e cacciarla dalla corte. Fernando va in guerra e torna coperto d’alloro; nel frattempo il re scopre la relazione segreta e, come vendetta, da’ Leonora in sposa a Fernando, e lo fa marchese. Subito dopo il matrimonio Fernando scopre che Leonora è l’amante del re e va completamente fuori di testa. Il suo onore è macchiato, la sua vita è senza scopo, tutto è perduto. Rinuncia al titolo di marchese, all’oro e ai fasti, abbandona Leonora e torna al monastero a farsi monaco.

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Ora, una storia così non ha nessun senso nel mondo moderno. E invece, indovinate un po’? la produzione di Niemermaier e Müller-Elmau la trasporta proprio in tempi moderni, con abiti moderni. È completamente senza senso: l’oltraggio, l’onore, la tensione tra Chiesa e Stato, niente ha senso in epoca moderna. Ma non basta. Le scene erano estremamente brutte, raffazzonate, sembravano messe insieme da un dodicenne non molto intelligente. Un gruppo di sedie è costantemente in scena, così che i cantanti ci girano intorno, ci si siedono sopra, spesso ci si inciampano. Non c’è regia, ne’ senso di alcuna direzione: i cantanti si aggirano sperduti per il palco. La musica dei balletti nel terzo atto non è stata tagliata, però non c’era traccia di balletto: Leonora e il re siedono soli come fossero il pubblico di uno spettacolo che loro vedono ma noi no. Lei è annoiata e turbata, il re è eccitato e divertito, finisce per toccarla e costringerla a soddisfarlo sessualmente. Sinceramente, non ricordo una produzione più brutta in tutta la mia vita. Avrei mille volte preferito una versione in forma di concerto.

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Ma la musica! Oh, la musica!

L’orchestra era spettacolare, diventano sempre meglio, sembra. Karel Mark Chichon, alla bacchetta, è riuscito a darci la sua visione unificata di questo lavoro, sottolineando i piccoli “leitmotiv” nella partitura, e dando grande sostegno ai cantanti. Si è anche molto impegnato per tenere il coro a tempo, e ci è riuscito gran parte delle volte.

Sentivo Elīna Garanča dal vivo per la prima volta (era ora), ha una voce bellissima! Il suo legato è impressionante, e la voce è molto uniforme, con un controllo perfetto. Oltretutto, la Garanča è veramente bella. Quello che ho da ridire è una certa mancanza di intensità, a volte. Risulta un po’ fredda, sembrava non completamente convinta. Ma la voce è stupenda, e sono molto curiosa di sentirla come Eboli nel Don Carlos a Parigi quest’autunno.

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Elīna Garanča (Leonora) e Mariusz Kwiecień (Alfonso)

Fernando era Matthew Polenzani, che avevo sentito molti anni fa in Mozart; mi aveva fatto una grande impressione. Ieri sera ha confermato e superato la mia impressione primiera. La voce è un po’ troppo chiara per Fernando, secondo me, e il colore non è sempre bellissimo. Ma, globalmente, la sua interpretazione è stata ottima. Ha una proiezione incredibile. La voce perfora lo spazio e viaggia come un treno, senza perdere potenza. I momenti migliori erano quelli lirici e melanconici, ma nelle parti eroiche la voce, sebbene un po’ bianca, viene fuori potente e autorevole. Mi è anche piaciuto come attore: è un po’ vecchio stile, ma estremamente convinto e calato nella parte. È riuscito a comunicare tutte le emozioni estreme e contraddittorie del personaggio.

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Elīna Garanča (Leonora) e Mariusz Kwiecień (Alfonso)

Mariusz Kwiecień era Alfonso, il re di Castiglia. Ha una voce baritonale morbida e rotonda, buon legato, e anche lui è veramente bello. Il personaggio del re è quello più bistrattato dalla regia idiota: sembrava un bullo di quartiere, un boss mafioso senza dignità ne’ intelligenza. Kwiecień ha fatto del suo meglio con questa parte che gli è toccata, e musicalmente il suo personaggio era credibile. La voce è veramente molto bella.

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Mika Kares (Balthazar) ed Elīna Garanča (Leonora)

Balthazar era il basso finlandese Mika Kares, che ha un vocione impressionante, molto flessibile e potente anche nel registro basso. Il suo priore ha grande autorità, sia dal punto di vista vocale, sia fisico (è molto alto), e la voce si fa sentire anche in mezzo ai concertati più fitti.

Ines, la confidente di Leonora, era Elsa Benoit, che abbiamo già sentito come Azema in Semiramide: la sua voce molto acuta creava un efficace contrasto con il mezzo-soprano vellutato della Garanča. Ha aggiunto variazioni di buon gusto alla sua aria, ed è diventata immediatamente la beniamina del pubblico.

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Matthew Polenzani (Fernando)

Il clou della serata è stato, ovviamente, il finale atto terzo. La partitura è fantastica, tanto che Donizetti l’ha usata almeno due volte, qui e in Maria Stuarda; l’interpretazione è stata bellissima. E l’attacco del quarto atto, con l’organo che entra fortissimo, dal nulla, senza pausa, senza sipario, niente, è stato molto d’effetto. L’unica idea buona di questa produzione.

3 pensieri riguardo “La favorite – Münchner Opernfestspiele

  1. La mia unica Favorita in teatro era ambientata in un cinema, fra le sedie della platea. Perché? Boh?
    A Berlino ho visto una Maria Stuarda nella quale Maria ed Elisabetta erano vestite come Bette Davis e Joan Crawford in “Che fine ha fatto Baby Jane?”. Maria era in sedia a rotelle e Leicester cantava la sua aria gonfiandole una ruota. Nel finale, Maria aveva in testa un paio di corna di ariete tutte d’oro. Perché? Boh?
    Fare i registi in questo modo è facile, molto facile. Fare i registi veri, invece, è difficile, molto difficile.
    I fischi del pubblico, poi, fanno notizia e fanno pubblicità, quindi c’è quasi da sperare che una regia venga fischiata perché comunque i fischi sono passatisti mentre i registi sono intellettuali incompresi, e quindi automaticamente geni.
    Questa è la triste realtà. E’ una moda, passerà anche questa.

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  2. Si’ penso sia vero, forse e’ una moda e passera’. La cosa che piu’ mi preoccupa sono le regie fatte ad uso e consumo dei DVD e non del teatro, e le regie che rovinano, o interferiscono pesantemente con la musica. Questa, a dire il vero, non lo era, pero’, sinceramente, datemi opere in forma di concerto.

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    1. Condivido, anche se questa è un po’ una ammissione di sconfitta o quanto meno di sfiducia. Però, molto meglio vedere i cantanti fermi e impegnati a cantare piuttosto che essere disturbati, noi e loro, da “idee” francamente improponibili. Detto questo, come sempre, bisogna ricordare che la differenza non è mai fra “tradizionale” e “moderno” ma fra intelligente e stupido, appropriato e gratuito, idee e ideine.

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